Validità della PEC e prova della comunicazione
01/04/2017 6 min 406 Servizi Certificati

Validità della PEC e prova della comunicazione

I messaggi di Posta elettronica certificata sono documenti informatici, e come tali vanno considerati e trattati.

Specialmente in ambito giudiziario, e comunque a fini di conservazione e di “prova”, si deve ragionare tralasciando il mero contenuto della comunicazione, per concentrarsi sul formato digitale, che è ciò che caratterizza la PEC.

L’errore più comune è quello di pensare che stampare il messaggio PEC, insieme alle ricevute di accettazione e consegna, sia sufficiente al fine di provare l’avvenuta comunicazione. In realtà, dal punto di vista strettamente giuridico, la stampa del messaggio PEC è una mera “riproduzione meccanica” ai sensi dell’art. 2712 del Codice Civile, che statuisce come “Le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose”.

Quindi, laddove il destinatario della comunicazione a mezzo PEC la disconoscesse, sarebbe necessario produrre l’originale.

Qual è l’orginale?

L’originale che si deve produrre è composto da due messaggi:

  1. La Ricevuta di accettazione (RAC)
  2. La Ricevuta di avvenuta consegna (RdAC)

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I messaggi vanno salvati e poi prodotti (a mezzo supporto informatico o tramite deposito telematico in caso di processo in corso) nei loro formati digitali:

  1. File .eml: formato di file di posta elettronica standard
  2. File.msg: formato di file di posta elettronica di norma utilizzato da Microsoft Outlook

Non sarà necessario produrre anche il messaggio di posta ricavabile dalla cartella Posta Inviata, in quanto lo stesso sarà contenuto – come allegato – nella ricevuta di avvenuta consegna. Detto messaggio, se utilizzata la modalità di ricevuta completa (comunque obbligatoria in sede giudiziale), conterrà anche tutti gli allegati eventualmente spediti col messaggio di posta.


Una volta salvati in formato digitale i messaggi di posta, resta la problematica della data certa della firma digitale: infatti, il valore probatorio della comunucazione a mezzo PEC è dato dalla firma digitale del gestore, che certifica contenuto e provenienza del messaggio.

Ma se tale firma scade, si riduce il valore probatorio della comunicazione a mezzo PEC.

Come risolvere tale problema?

Orbene, la data e l’ora di formazione del documento informatico sono opponibili ai terzi se, in via alternativa:

  1. vi sia apposta una una marca temporale che certifichi la data certa;
  2. vi sia associato un riferimento temporale che collochi la generazione della firma digitale in un momento antecedente alla scadenza (tramite la conservazione a norma o tramite l’applicazione di un protocollo da parte di un soggetto terzo autorizzato, come avviene nel deposito telematico in ambito giudiziario).

In ogni caso, anche ove il certificato di firma fosse scaduto, la comunicazione a mezzo PEC non perderebbe ogni valore di prova. Non saremo più davanti ad un documento che fa piena prova opponibile ai terzi, ma ad un mero principio di prova che avrebbe necessità di essere corroborato da ulteriori prove a sostegno.

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